L’impatto con le tematiche di fine vita può rappresentare uno degli ambiti di indagine più difficile e inquietante della nostra vita. A partire da questa considerazione, nel momento in cui mi è stato richiesto di organizzare dei corsi di Formazione per operatori che lavoravano con pazienti a prognosi infausta, ho elaborato un costrutto metodologico che tendesse a scoraggiare l’attivazione di istanze difensive. E , al contempo, potesse favorire l’attivazione di forze psichiche di sostegno e supporto, presenti all’interno di ogni persona. Nel periodo dal 2012 al 2020, all’interno della Azienda Sanitaria Locale Toscana Centro, ho condotto Gruppi di Formazione rivolti ad operatori, di varia professionalità, che lavoravano con pazienti a prognosi infausta.
Il focus si orientava, quindi, sul fornire strumenti teorico-pratici che potessero aiutare gli operatori a gestire il forte impatto emotivo generato dalla costante esposizione alla morte e dal contatto con questa particolare tipologia di utenza. Gli incontri si svolgevano a livello di gruppo e si articolavano con percorsi teorico-esperenziali che incoraggiavano i partecipanti, ad avviare percorsi di consapevolezza degli scenari interni, correlati al fine vita.
Il progetto vuole descrivere la particolarità del costrutto metodologico che interfacciava contributi teorici con esercitazioni di tipo esperenziali, che consentissero l’adesione all’evento, vissuto su un piano emotivo, il più possibile sganciato dal controllo mentale e direttamente collegato ai vissuti personali più autentici.
Per rafforzare questo processo ,tali esercitazioni erano precedute dalla proposizione di tecniche di Consapevolezza corporea e di Meditazione.
Questa impostazione metodologica ha generato spazi di indagine ed ascolto autentici e meno mediati dalle istanze mentali.
In più, gli aspetti associati alla meditazione e al contatto col respiro, introducevano e allenavano all’apprendimento dello “status” che favorisce la messa in opera delle buone prassi nell’accompagnamento al fine vita.